domenica 7 giugno 2020

Vincenzo Giuliani (Vincenzino) e la Macchina del "Moto Perpetuo"

Un impensabile, fortuito ed addirittura surreale incontro allo stand dei libri che la nostra compaesana Baldi Nada immancabilmente allestisce nel corso dell'estiva festa del PD, ci ha consentito di far uscire dall'oblio del tempo un personaggio singolare e molto conosciuto negli anni '60 e '70 a Spedalino. Una persona insuperabile per tenacia nel raggiungere il proprio ideale: diventare il primo inventore della macchina del "Moto Perpetuo".


Agli annali è annotato con il nome di Vincenzo Giuliani, da tutti conosciuto come "Vincenzino". Abitava con la sorella nelle "casine del prete". Vincenzo Giuliani già dagli anni '20 lavorava come meccanico alla San Giorgio di Pistoia, successivamente diventata "Breda" ed adesso "Hitachi", azienda che all'epoca (prima dell'attuale riconversione) produceva armamenti. Una sua busta paga della quindicina 16-31 Luglio 1941 è di particolare interesse, con voci di dettaglio che richiamano alla mente il periodo della dittatura e dei segreti militari che dovevano essere tutelati per rispetto alla legge ed in particolare per questione di onore verso la patria e la famiglia.




A Spedalino "Vincenzino" era conosciuto per la sua tenacia nella creazione di un macchinario che potesse sviluppare il "Moto perpetuo", un'invenzione che avrebbe potuto rivoluzionare il mondo in quanto potenzialmente sovvertiva le leggi della fisica e dava sviluppo ad utilizzi pratici per la creazione di energia a costo zero. Ed il macchinario lo aveva veramente progettato. A suo dire mancavano solo alcuni dettagli per poter concludere l'invenzione. Ma ogni invenzione ha necessità di finanziamenti per essere realizzata. E una busta paga da operaio seppure specializzato non era sufficiente per concludere il progetto. Già dalla fine degli anni '20, in mancanza di fondi per realizzare l'invenzione, per la costruzione di una particolare chiave Vincenzo prova  a chiedere un contributo all'Officina di Precisione Ricciardi di Bagno a Ripoli, ma ottiene soltanto un rifiuto, come riportato nella lettera di risposta del 31 Luglio 1928. 


La tenacia nel voler portare a termine la propria invenzione lo porta ad offrire il suo progetto dapprima al Sindacato Nazionale Fascista Inventori per far ammettere il progetto al finanziamento pubblico, il quale però in data 17 Aprile 1929 dà risposta negativa in quanto non si intravedeva un'immediata utilità pratica e nella lettera di risposta testualmente viene riportato "A quale scopo deve servire? E' un moto perpetuo?".




Vincenzino nel 1932 prova ad inviare il progetto anche ad un'azienda privata, la SIMAR di Milano, Società Internazionale Studio Invenzioni e Commercio Brevetti, ma in data 23 Agosto 1932 riceve un'ennesimo rifiuto allo sviluppo dell'invenzione. Un rifiuto che avrebbe potuto scoraggiare chiunque nel seguire il sogno di dare vita ad un'invenzione rivoluzionaria.




L'ostinzaione non è dote di tutti, ma sicuramente la è di Vincenzo Giuliani, che investe tutti i suoi guadagni, le buste paga e la liquidazione dal lavoro per la realizzazione della sua invenzione, la Macchina del Moto Perpetuo. Ed in gran segreto in uno degli sporti delle "casine del prete" nella discesa a fianco alla canonica, a fianco al laboratorio che Don Marino aveva concesso ai giovani Vinicio Bruni e Luciano Angioli, subito prima della Falegnameria Lenzi, Vincenzino costruisce la macchina.
Tra le poche persone ammesse a vedere il macchinario c'era il Melani, falegname di Via Piave che racconta di come una volta dato il via, il macchinario continuasse a girare in modo autonomo per il solo effetto dei pesi per molti minuti ma alla fine, ogni volta, si fermava. Ed allora il buon Vincenzino scuoteva la testa, e da conoscitore della lingua francese perché aveva lavorato anche nelle officine in Francia ripeteva "Mon Dieu, Mon Dieu, ancora non ci siamo". Poi muoveva lievemente alcune leve e dei contrappesi e riprovava la macchina del Moto Perpetuo.

Il riportare alla memoria la vita di Vincenzo Giuliani non è altro che un modo di ricordare alle persone di oggi la bellezza nel seguire un ideale per tutta una vita, con tenacia, anche di fronte ai tanti rifiuti, l'ideale di portare un miglioramento al mondo in cui viviamo ed allora tutti i sacrifici fatti non saranno un peso ma soltanto sollievo.

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